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martedì 18 ottobre 2011

L'angolo della poesia 11

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Andrea Zanzotto
18 ottobre, 15:47
di Mauretta Capuano

Aveva appena festeggiato i 90 anni con gli auguri del presidente Giorgio Napolitano, Andrea Zanzotto, uno degli ultimi grandi poeti del secondo Novecento, di cui' noto' per primo i versi Giuseppe Ungaretti e che Federico Fellini chiamo' per il suo Casanova. Morto oggi all'ospedale di Conegliano, nel suo Veneto che non ha mai abbandonato e per il quale non voleva la secessione, Zanzotto era nato a Pieve di Soligo, in provincia di Treviso, il 10 ottobre del 1921.

Da sempre impegnato in difesa dell'ambiente, ha trovato nei boschi, nei cieli, nel paesaggio della campagna veneta la sua ispirazione fin dall'infanzia, quando bambino andava con il padre pittore, antifascista, a contemplare il paesaggio che poi ritrovava a casa, nei suoi quadri. E proprio versi dedicati al padre ha voluto leggere il giorno del suo compleanno in cui e' rimasto ''toccato'' dalle parole dell'''amico'' Napolitano che ha ricordato i ''comuni trascorsi studenteschi a Padova negli anni della guerra e dell'antifascismo''.

''La ringrazio - ha scritto il Capo dello Stato nella lettera per Zanzotto ora raccolta nel volume 'Nessun consuntivo (Ed.Antiga) - per questa severita' appassionata dei suoi messaggi, per l'amore che rivolge alla natura ferita cosi' come alla gente del suo Veneto''. ''Dal paesaggio - aveva piu' volte detto Zanzotto - ricevevo una forza di bellezza e tranquillita'. Ecco perche' la distruzione del paesaggio e' stata per me un lutto terribile''. Cosi' come e' stata una grande sofferenza veder crescere l'anima leghista. Recentemente il poeta non aveva risparmiato parole dure al Carroccio dicendo di provare ''repulsione'' ogni volta che sentiva la Lega parlare dell'Unita' d'Italia. E il giorno del suo novantesimo compleanno, festeggiato al Caffe' Pedrocchi di Padova, con Zanzotto collegato in video-conferenza perche' ormai non usciva piu' di casa, non e' mancata la protesta di Roberto Marcato, vice presidente della Provincia di Padova, per non essere stato invitato al tavolo dei relatori ''perche' appartengo a un partito che parla di secessione''.

A Padova, la citta' in cui si era laureato in Lettere nel 1942 con fra gli insegnanti Diego Valeri, e di cui aveva la cittadinanza onoraria, Zanzotto era molto legato. Ma, il poeta del paesaggio e delle angosce e ossessioni del nostro tempo, aveva piu' volte spiegato di scrivere versi ''per attraversare quest'epoca rotta e maledetta''. E a novant'anni aveva comunque parole di speranza per i giovani: ''c'e' sempre una possibilita' positiva. Come la scoperta scientifica dei neutrini''. Piu' del suo compleanno, aveva detto all'ANSA, ''mi interessa la scoperta dei neutrini che superano la velocita' della luce. E' una specie di miracolo che mi attira e vorrei approfondire, per quanto possibile''.

Autore prolifico di raccolte in versi ma anche di testi in prosa come 'Sull'Altopiano', Zanzotto ha usato il dialetto in un quarto della sua opera. Nel 1951 usci' la sua prima raccolta 'Dietro il paesaggio' con cui vinse il Premio San Babila per gli inediti che aveva in giuria Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo, Leonardo Sinisgalli e Vittorio Sereni. Ma e' nel 1968 che venne pubblicata la sua raccolta, tuttora considerata la fondamentale della sua opera, 'La belta'', presentata a Roma da Pier Paolo Pasolini, a Milano da Franco Fortini e recensita sul Corriere della sera da Eugenio Montale.

Poeta di ispirazione neoclassica, lontano da 'I Novissimi' Nanni Balestrini, Elio Pagliarani, Edoardo Sanguineti, Alfredo Giuliani e Antonio Porta, Zanzotto ha raccontato il silenzio della natura e la violenza della storia in tutti i suoi versi raccolti da Mondadori per i suoi novant'anni in 'Tutte le poesie' (Oscar) - da 'Dietro il paesaggio' al recenti 'Meteo' e 'Conglomerati' - con introduzione di Stefano Dal Bianco, tra i massimi esegeti del poeta, autore fra l'altro di libri come 'Elegia ed altri versi' e 'Fosfeni'. Nel '99 era uscito il Meridiano 'Poesie e Prose'. La collaborazione dal 1976 con Fellini e con la moglie Giulietta Masina, che e' stata madrina del Premio Comisso di Treviso, e' ben documentato nel libro 'Il cinema brucia e illumina', a cura di Luciano De Giusti, appena uscito per Marsilio che comprende una lettera inedita di Fellini e una preziosa conversazione sul cinema di Zanzotto"


AL MONDO
Mondo, sii, e buono;
esisti buonamente,
fa' che, cerca di, tendi a, dimmi tutto,
ed ecco che io ribaltavo eludevo
e ogni inclusione era fattiva
non meno che ogni esclusione;
su bravo, esisti,
non accartocciarti in te stesso in me stesso.

Io pensavo che il mondo così concepito
con questo super-cadere super-morire
il mondo così fatturato
fosse soltanto un io male sbozzolato
fossi io indigesto male fantasticante
male fantasticato mal pagato
e non tu, bello, no tu "santo" e "santificato"
un po' più in là, da lato, da lato.

Fa' di (ex-de-ob ecc.)-sistere
e oltre tutte le preposizioni note e ignote,
abbi qualche chance,
fa' buonamente un po';
il congegno abbia gioco.
Su, bello su.
Su, munchhausen.

Testo, questo, tra i più importanti di Zanzotto. In esso si indaga la potenzialità del linguaggio. Fin dall'inizio la possibilità che il mondo si esprima nella sua oggettività coincide con la possibilità di rivelarsi linguisticamente. E come illusoria (e ironica) è la prima speranza, così lo è, a maggior ragione, la seconda. Il linguaggio è infatti una prerogativa del soggetto e non dell'oggetto: è l'uomo che tenta di conoscere linguisticamente le cose, e non sono le cose che si mostrano nella mediazione linguistica. In queste condizioni, il tentativo di dare al mondo un senso servendosi del linguaggio corrisponde al tentativo paradossale di Munchhausen(il barone di Munchhausen è un personaggio letterario creato da R.E.Raspe, 1737-1794) che voleva uscire dalla palude tirandosi da solo per i capelli.





FONTE:
(per l'articolo)
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/protagonisti/2011/10/18/visualizza_new.html_670634419.html

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